L'articolo che copio brutalmente, mi sembra un quadretto che non lascia dubbi sul motivo di tanta aggressività da parte dei cani randagi di Scicli. Questi cani sono stati abbandonati, privati del cibo, maltrattati come se fossero meno di spazzatura... il risultato è questo, non posso dar loro torto... noi "uomini" come ci comporteremmo al loro posto? Avete presente il film "Alive"? Sperduti sulle montagne, un "branco di persone" che non potrebbe far altro che mangiare ogni cosa capiti a tiro, compresi i propri simili...
Leggete qui, riporto interamente l'articolo.
Fonte: www.lastampa.it/lazampa
Sono fuggiti dal rifugio dove mangiavano le carcasse dei compagni morti
FABIO ALBANESE
SCICLI (Ragusa)
Feroci. Affamati. Probabilmente impazziti. Sono i cani che Virgilio Giglio teneva nella casa-lager finita sotto sequestro dopo l’arresto del suo proprietario. Cani un tempo normali, meticci domestici buttati in mezzo a una strada, che l’uomo riceveva in affidamento o raccoglieva da solo, nella sua vita da eremita ai margini del paese e della società. Ma anche randagi di seconda generazione, nati liberi e cresciuti selvaggi, diventati branco per sopravvivere e per seguire le leggi della natura, entrati nel canile attraverso i buchi di una recinzione colabrodo, in cerca di cibo e di simili da dominare.
Varcare l’ingresso di «casa» Giglio significa entrare in un abisso d’orrore che forse può spiegare quello che è successo. Ossa accatastate, sporcizia, l’aria impregnata di un odore di morte. I resti appartengono a cani morti di stenti, in gabbie strettissime. E c’è un sospetto terribile: che, morendo, diventassero cibo per gli altri.
Basterebbe questo, dicono gli esperti, per spiegare il livello di aggressività dei branco assassino. La struttura fatiscente, con le recinzioni basse e tutt’altro che sicure, consentiva agli animali di entrare e uscire in qualunque momento.
Eppure, nell’assurda casa-canile di Virgilio Giglio, l’uomo di 62 anni ora in galera per concorso in omicidio colposo, i controlli c’erano stati e la carta bollata circolava. Tutto in regola, anche se i cani andavano e venivano attraverso il recinto colabrodo. Anche se i conti non tornavano: le bestie erano più numerose di quelle catturate dalle guardie comunali, la storia personale del custode non era delle più rassicuranti.
Giglio, a Scicli, lo conoscono tutti. Fino a una decina di anni fa aveva una cartoleria in piazza Italia, che è come dire in pieno centro. Un uomo mite che un giorno decise di piantare tutto e di andarsene a vivere in campagna. Solo con i suoi cani, anche cinquanta alla volta: troppi perché potesse accudirli secondo le regole e i più elementari principi di umanità. E così i cani, pazzi per il lager, sono a poco a poco diventati branco. Già il 2 settembre Giglio era stato denunciato dai carabinieri, dopo che alcuni dei suoi animali avevano aggredito dei turisti sulla spiaggia di Sampieri.
Lui raccontava che quei cani non erano suoi, che nessuno glieli aveva affidati, e che si limitava a dar loro da mangiare, di tanto in tanto. Il sindaco dice che era stata la procura di Modica ad affidare le bestie all’eremita di Scicli, nominandolo «custode giudiziario». Ma il procuratore nega.
L’unica cosa certa, in questo assurdo rimpallo di responsabilità, è che l’amministrazione di Scicli, come quella di Modica, come tante altre in Sicilia, un canile non ce l’ha. Questioni di bilancio, spiegano, e la soluzione adottata è stata quella di pagare una retta a un privato.
C’è anche un documento pesante: appena tre giorni dopo la visita dei vigili, il 5 settembre, gli ispettori mandati dalla Ausl 7 di Ragusa promossero come «idonea» sotto il profilo igienico e sanitario la struttura da cui, sei mesi dopo, sarebbe uscito il branco assassino per fame.
Leggete qui, riporto interamente l'articolo.
Fonte: www.lastampa.it/lazampa
Sono fuggiti dal rifugio dove mangiavano le carcasse dei compagni morti
FABIO ALBANESE
SCICLI (Ragusa)
Feroci. Affamati. Probabilmente impazziti. Sono i cani che Virgilio Giglio teneva nella casa-lager finita sotto sequestro dopo l’arresto del suo proprietario. Cani un tempo normali, meticci domestici buttati in mezzo a una strada, che l’uomo riceveva in affidamento o raccoglieva da solo, nella sua vita da eremita ai margini del paese e della società. Ma anche randagi di seconda generazione, nati liberi e cresciuti selvaggi, diventati branco per sopravvivere e per seguire le leggi della natura, entrati nel canile attraverso i buchi di una recinzione colabrodo, in cerca di cibo e di simili da dominare.
Varcare l’ingresso di «casa» Giglio significa entrare in un abisso d’orrore che forse può spiegare quello che è successo. Ossa accatastate, sporcizia, l’aria impregnata di un odore di morte. I resti appartengono a cani morti di stenti, in gabbie strettissime. E c’è un sospetto terribile: che, morendo, diventassero cibo per gli altri.
Basterebbe questo, dicono gli esperti, per spiegare il livello di aggressività dei branco assassino. La struttura fatiscente, con le recinzioni basse e tutt’altro che sicure, consentiva agli animali di entrare e uscire in qualunque momento.
Eppure, nell’assurda casa-canile di Virgilio Giglio, l’uomo di 62 anni ora in galera per concorso in omicidio colposo, i controlli c’erano stati e la carta bollata circolava. Tutto in regola, anche se i cani andavano e venivano attraverso il recinto colabrodo. Anche se i conti non tornavano: le bestie erano più numerose di quelle catturate dalle guardie comunali, la storia personale del custode non era delle più rassicuranti.
Giglio, a Scicli, lo conoscono tutti. Fino a una decina di anni fa aveva una cartoleria in piazza Italia, che è come dire in pieno centro. Un uomo mite che un giorno decise di piantare tutto e di andarsene a vivere in campagna. Solo con i suoi cani, anche cinquanta alla volta: troppi perché potesse accudirli secondo le regole e i più elementari principi di umanità. E così i cani, pazzi per il lager, sono a poco a poco diventati branco. Già il 2 settembre Giglio era stato denunciato dai carabinieri, dopo che alcuni dei suoi animali avevano aggredito dei turisti sulla spiaggia di Sampieri.
Lui raccontava che quei cani non erano suoi, che nessuno glieli aveva affidati, e che si limitava a dar loro da mangiare, di tanto in tanto. Il sindaco dice che era stata la procura di Modica ad affidare le bestie all’eremita di Scicli, nominandolo «custode giudiziario». Ma il procuratore nega.
L’unica cosa certa, in questo assurdo rimpallo di responsabilità, è che l’amministrazione di Scicli, come quella di Modica, come tante altre in Sicilia, un canile non ce l’ha. Questioni di bilancio, spiegano, e la soluzione adottata è stata quella di pagare una retta a un privato.
C’è anche un documento pesante: appena tre giorni dopo la visita dei vigili, il 5 settembre, gli ispettori mandati dalla Ausl 7 di Ragusa promossero come «idonea» sotto il profilo igienico e sanitario la struttura da cui, sei mesi dopo, sarebbe uscito il branco assassino per fame.
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